Passano gli anni e l’impegno per la riduzione delle emissioni coinvolge sempre più settori. Di recente, il mondo della moda ha iniziato un processo di radicale trasformazione. Il settore tessile sta cambiando pelle, muta come muta l’ambiente e, proprio per la sua salvaguardia, decide di attivarsi nella riduzione delle emissioni, nella creazione di nuove tecnologie in grado di dare nuova vita ai prodotti invenduti. Ad oggi, l’industria tessile conta circa 160 mila aziende, con un fatturato medio annuo di 162 miliardi di euro. Il comparto tessile rappresenta, da solo, circa il 35% dei flussi di microplastica che, puntualmente, inondano l’oceano. Pare che la moda superi l’impronta di carbonio dei voli internazionali e dello shopping insieme e, per questo, una presa di coscienza si pone come un vero e proprio atto dovuto. Ma come, l’industria tessile, sta diventando sostenibile? Lo scopriamo in quest’articolo.
Lo slancio sostenibile dell’industria tessile
Il mondo della moda sta venendo incontro alle esigenze del pianeta. Per farlo, i suoi principali attori si stanno lanciando nella creazione di linee innovative. Intere collezioni costruite in materiale bio, a basso impatto ambientale e riciclato. Non solo, al fine di ridurre l’inquinamento, molte aziende del tessile si stanno attivando per la pubblicazione di bilanci di sostenibilità. Ne sono un esempio lampante marchi come Yamamay e Carpisa. Nel 2019, il gruppo Pianoforte, di cui i due brand sono vertici, raggiunse un incasso retail pari a circa 300 milioni di euro, tradotti in un totale di 19,5 milioni di pezzi venduti.
Nello stesso anno, l’impegno sotto l’aspetto della sostenibilità si è traslato nel calo del 35% dell’energia consumata presso le sedi del gruppo e del 31% delle emissioni di carbonio. Come tocco finale, poi, il gruppo ha firmato e introdotto la carta della sostenibilità in consiglio di amministrazione. Non c’è che dire, vedere l’impegno dei grandi brand nella salvaguardia del pianeta è un vero monito anche per le piccole imprese e i consumatori.